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Nel 1908 Enrico Maionica condusse un’indagine a nord di Monastero, nell'area corrispondente alla p.c. 396/2 facente parte della vasta proprietà dei Baroni Ritter. Le informazioni riguardo ai rinvenimenti allora effettuati, riportate sulla "Nuova pianta archeologica" di Luisa Bertacchi, si traggono da un rilievo di Giacomo Pozzar custodito nel Museo di Aquileia, al quale è allegata una nota manoscritta. Questa illustra nel dettaglio le scoperte fatte “nell’escavo praticato nel Fondo Ritter nella Braida detta Bosco”: alla profondità di circa 70 cm dal piano di campagna, fu portato alla luce un complesso caratterizzato da più fasi edilizie e formato da almeno una decina di ambienti. Due di questi, a pianta quadrangolare, erano pavimentati con un mosaico con riquadro campito dal medesimo motivo ornamentale: una stella a otto punte; altri due vani avevano un pavimento a grandi tessere fittili. Apparteneva all’edificio un pozzo, dove furono trovati lucerne, monete e un anello. Dal rilievo si deduce inoltre la presenza di alcune canalette, nonché la sovrapposizione di tombe a inumazione. Non è chiaro se fossero pertinenti allo stesso complesso edilizio altre significative evidenze, visibili nell’area subito a nord sulla pianta redatta dalla Bertacchi. Esse sono richiamate a margine di un disegno del 1922 (MAN, n. 38): in quell’anno, “in occasione della grande secità nella erba spagna sul fondo Ritter dietro Monastero si vedeva benissimo le traccie delle linee dei muri di edifici Romani…”; a nordovest “… tante altre fondamenta di edifici Romani a poca profondità… sono stati portati fuori con i aratri di grande stile ed in tale occasione furono distrutti una grande quantità di mosaici che stavano collocati nelle stanze…”. Resti di altre strutture, seppure per una porzione molto limitata, furono portate in evidenza in questa zona anche da Luisa Bertacchi in occasione dei sondaggi svolti nel 1971 seguendo l'andamento nord-sud delle scoline (scolina n. 3).
Le strutture venute alla luce nell'area a varie riprese erano pertinenti a una - o forse più di una - unità abitativa di cui purtroppo non è possibile ricostruire integralmente lo sviluppo planimetrico, né l'esatta evoluzione cronologica. Parte degli ambienti avevano pavimenti in tessellato di buon livello, i cui motivi decorativi, attestati esclusivamente dalla documentazione grafica dell'inizio del Novecento, rimandano a una datazione al I secolo d.C. In una fase più tarda alle strutture, ormai evidentemente abbandonate, si sovrapposero delle sepolture. L'abitazione - o le abitazioni - facevano parte di un vasto quartiere abitativo, composto da edifici caratterizzati da un orientamento omogeneo verso nord-ovest in rapporto all'asse viario su cui gravitavano: la via che raccordava la strada per Emona e il suburbio nord-orientale della città (la zona di Monastero) con la direttrice per il Norico. Il quartiere sorse verosimilmente come una zona di espansione residenziale oltre il perimetro urbano organizzata in maniera regolare e razionale (cfr. SI 829).
Ghedini F./ Bueno M./ Novello M./ Rinaldi F., I pavimenti romani di Aquileia. Contesti, tecniche, repertorio decorativo. Catalogo e saggi (Antenor quaderni, 37), Padova 2017
Maggi P./ Oriolo F., Luoghi e segni dell'abitare nel suburbio di Aquileia, in L'architettura privata ad Aquileia in età romana. Atti del Convegno di Studio (Padova, 21-22 febbraio 2011), Padova 2012
Bertacchi L., Nuova pianta archeologica di Aquileia, Udine 2003