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La denominazione del museo fornense, Cemùot chi érin, Come eravamo, in lingua friulana, denuncia fin da subito la volontà di rappresentare gli aspetti della vita e delle tradizioni di questa porzione alpina della regione, la Carnia, e Forni Avoltri in particolare, nel periodo compreso tra la fine del XIX secolo e la Seconda Guerra Mondiale. L'origine e la successiva implementazione del patrimonio museale sono il risultato della partecipazione collettiva e diretta della Comunità locale, che in occasione delle feste natalizie del 1992 aveva recuperato dalle soffitte costumi, oggetti domestici e strumenti di lavoro per allestire un presepe in una tipica ambientazione carnica, animata da "pupins", pupazzi in gommapiuma, vestiti con il tradizionale abito locale. Grazie al sostegno dell’Amministrazione comunale e all’impegno del gruppo ideatore dell’iniziativa, con alcune modifiche il presepe fu poi trasferito all’interno dell’edificio storico dell'ex Palazzo Municipale, nell’intento di ampliare con successivi prestiti e donazioni questa prima raccolta etnografica. Oggi il percorso museale si snoda attraverso gli ambienti ricostruiti nelle stanze del primo piano: la cucina, la camera da letto e la stanza dei mestieri tradizionali. L’esposizione è integrata da un significativo apparato fotografico realizzato dal fotografo locale, Gino Del Fabbro, maestro nel ritrarre il territorio, gli usi e costumi, gli abitanti e le lente trasformazioni sociali, economiche ed ambientali di quest’area. Gli oggetti etnografici da un lato e le fotografie dall'altro, delle quali è stata catalogata una selezione, raccontano quindi una realtà in cui le generazioni passate si riconoscono e quelle presenti conoscono le proprie radici e le tramandano al futuro.
Tra il 2009 e il 2010 nell’ambito del Progetto Interreg IV Italia-Austria n. 3741 Transmuseum, Rete museale transfrontaliera per la promozione dello sviluppo sostenibile, il Centro regionale, grazie ad un accordo con l’Amministrazione Comunale di Forni Avoltri, ha sviluppato due campagne di schedatura, che hanno permesso di catalogare quasi interamente il patrimonio conservato. L’attività ha permesso di inventariare gli oggetti, che al momento della consegna erano stati solamente indicati in un quaderno, senza una rigorosa forma di registrazione, attuando in questo modo quanto previsto dal D. Lgs. n. 112/98 “Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei”. Lo studio e l’analisi di oggetti domestici, attrezzi del lavoro, che documentano i mestieri tradizionali e attrezzi agricoli, legati alle attività della montagna, hanno consentito di recuperare le notizie essenziali del bene, come la tipologia, l’epoca di realizzazione, la funzione, il nome del donatore o prestatore e la descrizione sintetica, arricchita dal patrimonio di nozioni derivanti dalle fonti orali. Sono state infatti individuate alcune persone del luogo, che intervistate hanno fornito informazioni relative alla denominazione locale dell’oggetto, facendo emergere la caratteristica linguistica locale della terminazione delle parole in “o”. Si tratta di brevi interviste, disponibili in formato video allegate alle schede BDI – Beni demoetnoantropologici immateriali, utilizzate per le interviste, che garantiscono un supporto di memoria e di attualizzazione dell’uso degli oggetti presi in esame, spesso ormai desueti.
Piccinno V., Musei e Collezioni nella Provincia di Udine. Percorsi di Storia e Arte. Museums and Collections in the Udine Province. Itineraries of History and Art, Udine 2010
De Colle S./ Del Fabbro N./ De Prato D., Come eravamo... Percorsi didattici alla Collezione Etnografica Cemuot chi erin di Forni Avoltri per la scuola elementare, Tolmezzo (UD) 2004
Cemùot chi èrin, Cemùot chi èrin (come eravamo), Forni Avoltri (UD) 1994