Tela quadrata dipinta di bianco e sul retro fissaggio di chiodi che creano una superficie con zone alternate estroflesse e introflesse.
Enrico Castellani, dopo un’adesione all’informale soprattutto all’action painting, cominciò alla fine degli anni ’50 ad azzerare completamente tutta la sua arte precedente. La nuova ricerca artistica si materializzò con l’utilizzo di tele monocrome, spesso totalmente bianche, dove avviando un percorso rigorosissimo di studio ed analisi delle possibilità fornite dall’estroflessione della tela mediante l’utilizzo di chiodi, creò una modularità geometrica, dove lo spazio viene ritmato da ciò che la critica chiamò “ripetizione differente”. Lo scopo di tale indagine è quello di studiare il rapporto luce-ombra inteso come un effetto geometrico dato dall’alternanza intro-estroflessione. Se inizialmente lo schema compositivo si basava su una rigida disposizione verticale o ortogonale dei chiodi sul retro della tela, a partire dal 1964 Castellani iniziò una fase in cui si notarono più variabili direzionali. (continua in Annotazioni)
Gastaldon G., Enrico Castellani, in Casa Cavazzini - Le collezioni del Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Udine, Udine 2018
Gransinigh V., Casa Cavazzini. Guida al museo d'arte contemporanea, Udine 2017
Enrico Castellani, Enrico Castellani. Catalogo ragionato. Tomo secondo. Opere 1955-2005, Milano 2012