La scena vede al centro della composizione Abramo con il braccio destro alzato nell'atto di sferrare il colpo mortale al figlio Isacco. La spada che impugna è trattenuta per la lama dall'angelo. Isacco è in ginocchio, ignudo, sopra una struttura di legno. Accanto a Isacco, a destra della composizione, vi è un piccolo braciere con il fuoco, e in basso l'agnello. La scena si svolge sopra un dirupo ricco di vegetazione. A sinistra si apre il paesaggio con una strada che conduce ad una casa in lontananza. Lungo la strada scorgiamo due persone e un asino, un'altra figura con un sacco sulle spalle, e in prossimità della casa, altri due piccoli personaggi. Sullo sfondo sono visibili delle montagne.
Schedato da Malni Pascoletti (1977, p. 52), Bradaschia (1980, p. 136) e Tavano (1995, p. 70) come opera di un anonimo pittore nordico del XVI secolo, il dipinto è stato giustamente restituito dal Mancini a Marcello Fogolino (Divus Maximilianus 2001, p. 282). Non concordiamo tuttavia con quanto lo studioso afferma riguardo alla provenienza e al complesso in cui la tavola era originariamente inserita. Infatti ragioni tecniche e stilistiche fanno ritenere che II sacrificio di bacco assieme alla Crocifissione (inv.002/06) fossero nel Flügelaltar commissionato verosimilmente da Gaspare Lantieri per la cappella del castello di Riffembergo da cui a nostro avviso provengono anche le quattro tavole (due delle quali dipinte sui due lati) della collezione Lantieri, ora di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia e attribuite al Fogolino dal Villa (1997, pp. 157-164). Pare improbabile infatti che l'ipotetico Flügelaltar di Castel Dobra - da cui Mancini suppone provenga Il Sacrificio di Isacco - avesse misure corrispondenti al centimetro con quelle delle tavole Lantieri che agli inizi del Novecento sono ricordate (Archivio Lantieri) montate a formare un armadio nella sacrestia della cappella del castello di Riffembergo, ma che verosimilmente provengono dall'altare a battenti costruito per la cappella e sostituito nel Settecento (come avvenne in molte altre chiese della regione) con uno più consono all'imperante classicismo (i resti di questo altare marmoreo - citato nelle visite pastorali dell'Attems del 1750 e 1758 - sono ancora visibili fra le rovine del castello distrutto da un bombardamento durante la seconda guerra mondiale e solo parzialmente ricostruito negli anni Sessanta). I dati stilistici e tecnici acquisiti dall'indagine comparata delle tavole Lantieri e di queste due del Museo Provinciale hanno ulteriormente confermato questa ipotesi. Lo smontaggio del Sacrificio di Isacco dalla cornice e l'esame del retro hanno confermato infatti che il dipinto è la metà resecata d'una tavola di cui la Crocifissione costituiva l'altra faccia. La segagione della tavola risale verosimilmente all'epoca in cui le tavole erano ancora di proprietà de Baguer, infatti nella scheda del museo si ricorda l'acquisto di due tavole (in data 5/2/1950, boli, di carico 45/50 su fattura presentata all'Amministrazione Provinciale per L. 42.000 per entrambe). Forse all'intervento del 1971 - a opera di Guido Gregorietti di Milano, ricordato nella scheda di catalogo del Museo (2662/187) - risale la fitta parchettatura fissa e l'impregnazione con resina sintetica visibile sul retro (gli interventi ancora leggibili sui supporti sono due). Altri dati tecnici come la costruzione dei supporti, della preparazione e degli strati pittorici (v. analisi stratigrafiche di A. Princivalle nella relazione di restauro delle tavole Lantieri a opera della EU.CO.RE sas) confermano l'afferenza del Sacrificio di Isacco e La Crocifissione al gruppo delle tavole Lantieri. Uguali sono infatti i materiali costitutivi, la tecnica della preparazione e della pittura. Ma, significativamente, Il sacrificio di Isacco e La Crocifissione mostrano anche le "mani" dei due artisti che a nostro avviso collaborarono alla pittura dell'altare a battenti della cappella del castello di Riffembergo. Infatti prima ancora di rilevare l'identità "siamese" fra Il sacrificio di Isacco e la Crocifissione avevamo messo in relazione le due tavole per la medesima identità stilistica "bifronte" che caratterizza le tavole Lantieri. Il sacrificio di Isacco è evidentemente correlabile con le scene veterotestamentarie del gruppo Lantieri -Mosè ed Aronne di fronte al faraone; II serpente di bronzo; L'adorazione del Vitello d'oro; II giudizio di Salomone - inquadrabili nell'attività del Fogolino verso la fine del quarto decennio del Cinquecento come ha convincentemente scritto Giovanni Villa (1997; ID. 1999, p. 51; Io. 2004, p. 246). Anche Il sacrificio di Isacco è caratterizzato infatti dal fare minuto, composto da episodi raccontati in modo vignettistico dove l'influenza della maniera di Pordenone, e poi Dosso e Romanino (che avevano così profondamente scosso il pittore da fargli perdere il suo quieto linguaggio, attardato su moduli vicentini tardoquattrocenteschi, per adeguarsi a uno stile eroico che non gli era congeniale), è superata nella narrazione di piccole storie immerse in ampi paesaggi. Nelle opere tarde il pittore ritrova infatti una sua cifra più sciolta e personale che affiora anche nelle predelle delle pale di Povo e Caneve (datate 1539). Ne Il sacrificio di Isacco, (come nei Mosè ed Aronne di fronte al faraone; II serpente di bronzo; L'adorazione del Vitello d'oro del gruppo Lantieri) le figure sono immerse in un ampio paesaggio costruito secondo quinte successive che dividono il primo piano, incombente sul riguardante, da un secondo dove, in modo vignettistico e con letterale rispondenza ai testi sacri, viene raccontato il resto della storia biblica, e da un terzo, in genere costituito da uno sfondo paesistico spesso con un vago accento nordico. Anche la tecnica pittorica de II sacrificio di Isacco richiama le tavole Lantieri (si vedano ad esempio i minuti semicerchi di puntini gialli che formano le lumeggiature sui boschi dello sfondo di questa tavola e nell’ Adorazione del Vitello d'oro, o il modo di fare le chiome degli alberi in primo piano qui e nella tavola con Il serpente di bronzo). Un documento pubblicato dal Sardagna (DI SARDAGNA 1889 e reso noto da VILLA 1997), indica che Marcello Fogolino è a Gorizia nell'estate del 1548 al servizio del capitano Francesco della Torre per disegnare un castello da contrapporre alla fortezza di Marano conquistata dai Veneziani nel 1542. Potrebbe essere stato in questa occasione che il pittore vicentino acquisì alcune committenze in loco. Il Fogolino infatti era stato preceduto a Gorizia dal Mattioli (medico del principe-vescovo Bernardo Clesio) che apprezzava le pitture da lui fatte nel Magno Palazzo del Cles a Trento e probabilmente gli fece da mallevadore presso la nobiltà locale (Divus Maximilianus 2001, p. 317; CHINI 1996, pp. 193-194). In quest'ambito non è difficile pensare che Gasparo Lantieri, legato da vincoli familiari con il Della Torre, colto e amante delle arti, che nel 1528 aveva avuto in pegno dall'erario imperiale i castelli di Riffembergo e Vipacco, abbia approfittato della presenza del noto pittore "foresto" nella città per affidargli la commessa dell'altare della cappella di Riffembergo che era stata appena completata (nel 1533 come risulta dall'iscrizione su uno dei peducci della volta). Il fatto che Fogolino abbia scelto la forma dell'altare a battenti non meraviglia trattandosi d'una commessa in territorio imperiale dove questa forma era ben nota e apprezzata (cfr. I segni del sacro 1998). Forse per il breve tempo a disposizione, ma anche secondo una prassi consolidata nelle botteghe arti-stiche del Cinquecento per l'esecuzione dei flügealtäre, Fogolino si fece aiutare da qualche maestro della sua bottega che già dai documenti trentini sappiamo assai ampia e composta sia da artisti italiani che tedeschi (CHINI 1985, pp. 107-108). Questo è il motivo per cui le tavole del gruppo con le scene della Passione (La Crocifissione del Museo provinciale e L'ultima cena e L'incoronazione di spine del gruppo Lantieri) mostrano uno stile e una tecnica pittorica diversi da quelle veterotestamentarie, pur potendosi inquadrare nel contesto di una medesima bottega (uguali sono la costruzione dei supporti, la stesura della preparazione, e i pigmenti impiegati). (PERUSINI 2007, p. 40)
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