La Vergine siede in un paesaggio, presso un'edificio diroccato del quale si scorge il plinto d'imposta di una colonna, coperta in parte da una tenda verde, e le pietre squadrate sulle quali la Madonna poggia le estremità. La Vergine sorregge il Bambino, che le siede in grembo, avvicinandolo a santa Martina, genuflessa ai suoi piedi, con il fascio littorio posato a terra accanto a sè. Alla santa, che tende una mano verso il Bambino, questi porge un giglio bianco, trattenendo nell'altra mano un ramo di palma.
Attribuito a Giovanni Francesco Pelizzotti "per tradizione orale e da qualche conoscitore locale" (Pugnetti, 2006, p. 465), il dipinto deriva da una composizione di Pietro da Cortona (cfr. Pugnetti, 2006, p. 465), eseguita probabilmente a Roma attorno al 1643, che si conserva al Louvre (inv. n. 1163, cfr. Briganti, 1962, p. 234, n. 93, fig. 219; Gady, 1997, p. 155; Pugnetti, 2006, p. 465). Dell'opera circolava una stampa tratta in controparte da François Spierre il cui primo stato risale al periodo romano dell'incisore, verso il 1664 (cfr. Turrio Baldassarri, 1995, p. 38, n. 30). La composizione tolmezzina, che si presenta a lati invertiti rispetto all'originale, interpreta liberamente il modello cortonesco, mutandone in parte l'ambientazione e omettendo lo strumento del martirio che la santa reca nella composizione romana.
Pugnetti G., Schede, in Mistrùts. Piccoli maestri del Settecento carnico, Udine 2006
Gady B., Una gloria senza fortuna: Pietro da Cortona e la Francia (1628-1669), in Pietro da Cortona 1597-1669, Milano 1997
Turrio Baldassarri M., Pierre de Cortone dans les gravures françaises du XVIIe siècle, in Gazette des Beaux-Arts, Paris 1995, a. 137, n. CXXVI
Briganti G., Pietro da Cortona o della pittura barocca, Firenze 1982