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parete sinistra, margine inferiore: ADI 16 MAGIO 1736
Nel mezzanino posto tra il primo e il secondo piano si trovano dei dipinti ad affresco che fingono dei quadri incorniciati appesi alle pareti. Giungendo dal salone centrale, nella parete di destra entro una cornice quadrata poggiante su un cornicione marmoreo è dipinta una scena bacchica al centro della quale un giovane ebbro in groppa a un maiale innalza una coppa di vino al cielo, altri due fanciulli ignudi prendono parte alla scena, uno regge una fiasca di vino, l’altro sorregge da dietro il bacchino. Nel finto quadro successivo di formato rettangolare, attraversato da un’ampia lacuna trasversale, sono dipinti una loggia in prospettiva con una statua femminile innalzata su un pilastro e un tempietto. Due mori accovacciati reggono idealmente il peso del quadro dipinto, mediato da due cuscini posati sulle spalle. La parete antistante mostra un’impostazione analoga alla precedente alterata solo dalla presenza di una finestra che da sul giardino. L’intera raffigurazione è posta sulle spalle di due mori proposti in veste di telamoni che tra fogliami e con un cuscino posato sul capo reggono il finto quadro. Entro una cornice rettangolare, una colonna spartisce l’affresco in due scene dal contenuto apparentemente distinto. Da un lato, nella parte superiore del dipinto due velieri con una figura intenta a issare una vela mentre nella parte inferiore due figure femminili con le braccia intrecciate; una delle due indica con chiarezza qualcosa, forse una ferita nella gamba scoperta dell’altra. Dall’altro lato del colonnato, in alto un castello preceduto da un viale alberato e più in basso due figure maschili di spalle, rivolte verso il maniero. Alla base della colonna che divide la scena si legge ADI 16 MAGIO 1736 e a lato due cuori trafitti da tre chiodi. Nella parte inferiore della parete restante è dipinta una balaustra.
Stefano Aloisi riconduce la decorazione del mezzanino alla mano di un artista vicino ai modi di Francesco Zamolo o a Francesco Zamolo stesso, ricordando l’attività del pittore venzonese nel 1704 e nel 1712 nella vicina Casa Ridolfi di Cordovado. (Aloisi 1999, p. 78; Goi 1984, p. 67) L’autore del dipinto rivela la riflessione su modelli tardo seicenteschi e probabilmente su repertori desunti da incisioni. Quest’ultima ipotesi verrebbe in soccorso nella difficile interpretazione delle scene dipinte. L’episodio più facilmente individuabile è la scena bacchica che tuttavia ha la particolarità di mostrare il giovane ebbro in groppa a un maiale e non al più consueto asino, l’edera che si attorciglia al ramo dell’albero in primo piano rappresenta invece un riferimento più puntuale a Bacco, essa solitamente avvolge il tirso, il bastone ritorto del dio. Aloisi (1999, p. 76) propone di ricondurre la raffigurazione più enigmatica, quella in cui compaiono le navi, il maniero e le figure a un tema eucaristico per la presenza dei cuori trafitti dai chiodi posti accanto all’iscrizione con la data. Forse quest’ultima, con la precisazione anche del giorno, 16 maggio, allude a un fatto realmente accaduto che se noto potrebbe chiarire il significato della raffigurazione.
Aloisi S., Gli Altan e il Barocco. Committenza artistica tra Seicento e Settecento di una nobile famiglia friulana, Pasian di Prato (UD) 1999
Goi P., Aspetti del patrimonio artistico: Lucio Candido e Gio. Francesco Zamolo a Venzone, in La Pieve in Friuli, Camino al Tagliamento (UD) 1984