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La decorazione ad affresco della stanza rispetta un coerente programma ornamentale che vuole alludere a un gazebo o a una pergola. Il soffitto mostra la copertura della struttura, su cui è stata disposta con cura una siepe, che lascia intravedere un ritaglio di cielo azzurro con alcuni uccellini. La pareti sono invece ritmate dalla presenza di ampie apertura che rivelano scene rurali - paesaggi fluviali con casolari, fattorie e ruderi -, addolcite da sfumature rosate e inquadrate da un motivo decorativo verticale con girali d’acanto e piante rampicanti. Sono inoltre presenti tre nicchie, due delle quali sono interamente occupate dalle attuali porte, mentre all’interno della terza è raffigurata un’anfora su un piedistallo, con fiori.
La stanza, oggi ad uso di ufficio, è passata pressoché inosservata alla critica che finora si è occupata della decorazione del palazzo. Bergamini (2016) avvicina le vedute, compiendo una giudiziosa osservazione, alla decorazione di fine Settecento ad opera di Andrea Porta presente in Palazzo Menegozzi di Aviano. Inoltre, egli propone il nome di Domenico Paghini andando quindi a far slittare la datazione dell’opera all’inizio dell’Ottocento. La tipologia decorativa allude alla vita aristocratica di villa fuori città, alla realtà contadina, nonché al mito dell’arcadia cioè un mondo in cui l’essere umano vive in piena armonia e simbiosi con la natura. Questa scelta decorativa vuole offrire al proprietario e ai propri invitati un piccolo rifugio lontano dalla vita quotidiana di città, esaltando quella voglia di indulgere in dolci inganni che ben illustrano la mentalità aristocratica dal secondo Settecento in poi. Si notato alcuni interventi posteriori, probabilmente eseguiti per coprire problemi conservativi sopraggiunti nei secoli, soprattutto nelle campiture del cielo di alcune vedute che però ad oggi vanno a inficiare sulla delicatezza e armonia generale delle scene.
Bergamini G., Le dimore Antonini, in Gli Antonini: cittadini di Udine, signori di Saciletto (secoli XV-XX), Udine 2016