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Scultura di un leone stante con coda sollevata e ripiegata su un fianco. La testa è volta all'indietro verso la coda e ha le fauci spalancate. La testa e il dorso presentano una criniera irsuta.
La chimera di Arturo Martini non presenta in verità le principali caratteristiche del mostro mitologico, ovvero la testa di capra sul dorso e la coda di serpente, ma forse è così abitualmente chiamata per indicarne la sua derivazione alla “Chimera di Arezzo”, bronzo etrusco del V secolo a.C., il cui debito è riferito anche per la predilezione che lo scultore ebbe nei confronti dell’arte etrusca. La “Chimera” di Casa Cavazzini è modellata in creta un materiale che Martini impiegò in tutta la sua carriera, in particolare agli inizi degli anni Trenta, richiamo non solo alla produzione artistica etrusca ma medium ideale sia per plasmare opere di piccolo formato, facili da modellare, ma anche sculture di grandi dimensioni che simulavano la pietra. Resa con un sapiente gioco di effetti chiaroscurali nel modellato irsuto della schiena e della testa, la chimera richiama piuttosto un leone dalle fauci spalancate e atteggiamento aggressivo, con quel suo volgere il capo all’indietro come se fosse stato colto all’improvviso. Il riferimento ad un leone in effetti è anche legato ad una commissione che Martini ebbe agli inizi degli anni Trenta con i suoi principali collezionisti, l’avvocato Arturo Ottolenghi e sua moglie la scultrice Herta von Wedekind. Questi, nella loro villa di Monterosso vicino ad Aqui Terme, oltre ad accogliere i capolavori dello scultore tra i quali il “Figliuol prodigo” e la “Pisana”, commissionarono all’arista di realizzare un “Adamo ed Eva” in pietra per il viale centrale del parco e un leone da collocare nell’ingresso della villa. Tra le varie proposte che Martini presentò ai committenti vi fu anche la Chimera di Udine, di cui esistono due esemplari in bronzo di cui uno oggi al museo del Novecento di Firenze. L’intricata vicenda si concluse con il cosiddetto “Leone di Monterosso” in pietra per Ottolenghi, mentre le due versioni in bronzo furono esposte alla Quadriennale di Roma del 1935. (De Sabbata 2018, pp. 102-103).
Gransinigh V., Storie di collezioni e di un museo., in Casa Cavazzini - Le collezioni del Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Udine, Udine 2018
De Sabbata M., Arturo Martini, in Casa Cavazzini - Le collezioni del Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Udine, Udine 2018
Gransinigh V., Casa Cavazzini. Guida al museo d'arte contemporanea, Udine 2017
Stringa N., Arturo Martini Creature Il sogno della terracotta, Bologna 2013
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Arturo Martini, Arturo Martini 1889-1947. L'oevre sculpté, Milano 1991
Mazzotti G., Arturo Martini, Treviso 1967
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