dalmatica, manifattura lucchese, XIII

Oggetto
dalmatica
Ambito culturale
manifattura lucchese
manifattura orientale
Cronologia
1290 ca. - 1299 ca.
1400 ca. - 1449 ca.
Misure
cm - altezza 159, larghezza 138
Codice scheda
T_37243
Collocazione
Udine (UD)
Museo del Duomo-Cattedrale di Udine
Museo del Duomo di Udine. Raccolta del Beato Bertrando

Dalmatica confezionata con un tessuto, diaspro, caratterizzato dall'effetto color bianco-avorio lucido e opaco che produce un disegno evidenziato da elementi argento: teorie di due cervi, azzannati al collo da cani, affrontati e separati da un alberello, poggiano su una palmetta, alternati in verticale da grifi, intervallati da un'altra palmetta su cui posano gli artigli di due aquile con le teste girate. Di essi risaltano in argento le teste, le zampe e gli zoccoli, i clipei, e altri grifi. Nella parte inferiore centrale anteriore è cucito il pannello di lampasso il cui fitto decoro presenta due teorie sfalsate con rami nodosi e foglioline ad andamento curvo, recanti fiori di loto, all'interno di ogni corolla si ripete il fiore in bocciolo, sono distanziate alternativamente da fiori di cardo nascenti dal racemo e corolle a forma di mandorla con petali nella parte centrale. Nella parte posteriore, integra, manca un pannello rettangolare che probabilmente è stato rimosso, poiché rimane lo spazio in cui era posizionato. Sulle estremità di una manica e sullo scollo sono cucite porzioni di passamaneria realizzata a telaio con seta policroma e decoro geometrico di losanghe in cui prevalgono segmenti giallo ocra e rosso-mattone intersecati da altrettanti segmenti violacei e verdi. Due porzioni di differente lunghezza formano anteriormente i clavi sulla zona toracica.

La dalmatica, come di tutti i parati del corredo funebre, è stata restaurata da Francesco Pertegato. Prima del restauro presentava evidenti manomissioni e alterazioni, maldestri e grossolani interventi di rimontaggio. L'attribuzione e la datazione del parato si basa sulla foggia, sulle caratteristiche tecniche dei materiali e sul decoro dei due tessuti che la compongono. Il tessuto principale, un diaspro, è stato prodotto tra la seconda metà del secolo XIII e la prima metà del secolo XIV da manifattura lucchese. Tale attribuzione si basa sulle similitudini stilistiche e tecniche con esemplari conosciuti e attribuiti dalla critica a tale manifattura in considerazione all'alto livello produttivo della città in quel periodo. Tra questi, una casula del Museo dell'Opera metropolitana del duomo di Siena (CIATTI 1994. p. 101, n. 1) e frammenti conservati in varie collezioni museali di colore differenti dal bianco (ERRERA 1927, fig. 21; MARKOWSKY 1976, p. 121. n. 9). Versioni simili, frammentate, con tonalità del verde lucido e opaco e broccature in oro sono conservate al Museo del Bargello di Firenze (inv. n. 604) e al Musée des tissus a Lione (inv. 21990/1). Purtroppo le manomissioni subite dal parato nei secoli hanno compromesso parte del tessuto della parte anteriore, mentre il retro è completo di tale tessuto, ma è privo del pannello decorativo posizionato nella parte inferiore centrale. È probabile fosse del medesimo lampasso che decora la parte anteriore, stoffa questa che per qualità è molto singolare e preziosa, posizionata per tale motivo ad arricchimento della foggia e del parato. Di difficile lettura, nonostante il restauro, il decoro databile alla prima metà del secolo XlV. La decorazione con l'impostazione confusa e fitta dei motivi floreali molto stilizzati, rilevata prima del restauro, è ora più distinguibile. In precedenza lo stato di conservazione non permetteva un'analisi dettagliata e più mirata. Questo ha fatto si che fosse attribuita, con riserva, un'origine cinese del manufatto senza però escluderne altre provenienze (DAVANZO POLI 1986, p. 38, scheda 2). È stato accertato che la trama lanciata infatti è costituita da oro membranaceo, in forma di sottili striscioline, che come tipologia viene più accreditata ad area mediorientale (BRENNI1939, pp. 64-65). Tale qualità materica, insieme all’assenza dell'elemento animale nella decorazione, fanno ritenere il manufatto di produzione persiana nei cui repertori stilistici vi è una riproduzione di elementi vegetali e floreali più affine. Altri esemplari di tessuti tecnicamente simili, costituiti da seta e oro membranaceo, datati tra la seconda metà del secolo XIII e il XIV si conservano in chiese e più collezione museali e sono attribuiti ad area mediorientale (DEVOTI 1974, n. 33; WARDWELL 1988-1989; MARINI NAPIONE VARANINI 2004). Il disegno del diaspro si colloca per lo stile e i motivi tra i primi esempi della produzione tessile propriamente italiana di area lucchese che, insieme a Venezia, alla fine del secolo XIII predomina sia nell’importazione di tessuti dall'Oriente sia nello sviluppo delle proprie manifatture tessili (Cfr. PODREIDER 1935, pp. 29-55; DEVOTI 1974, p. 238; DAVANZO POLI, 1988, pp. 39-4 1; DAVANZO POLI, 1990, pp. 79-80). Lo schema del disegno e i motivi di questo esemplare sono tra quelli che caratterizzano, senza particolari varianti, i diaspri alla fine del secolo XIII. Successivamente tale struttura andrà perdendosi. Le origini di questo modello vengono considerate traduzione di strutture dapprima fatimite (Egitto) attraverso la Sicilia, poi le composizioni fitte di motivi trovano invece uno spiccato richiamo arabo-saraceno (cfr. DEVOTI 1974, pp. 14-15). Per quanto concerne la forma, i rilievi e i riscontri sull’oggetto durante l’intervento di restauro hanno evidenziatole variazioni e le trasformazioni subite nel tempo. Con il restauro sono state inoltre rilevate sulle aperture laterali della dalmatica alcune porzioni di tessuto, quali possibili elementi di ulteriore ornamento. Si tratta infatti di porzioni di taffetas color cremisi e verde. L'analisi evidenzia la presenza del taffetas verde leggermente al di sotto del lampasso dorato, e che probabilmente era di maggiori dimensioni, di stanziando così il pannello dall'orlo, similmente a come risulta per la dalmatica detta di Benedetto XI (1304) conservata a Perugia in cui si riscontrano le medesime strisce cremisi e verde. Il taffetas verde è stato tagliato, risvoltato e cucito verso l'interno, ugualmente è stato fatto per il taffetas cremisi delle aperture laterali, allo scopo di rifinire il diaspro. La dalmatica documenta comunque l’uso fino alla metà del sec. XIV di una tipologia che prevedeva le aperture laterali, gli orli inferiori ornati da tessuti contrastanti nel colore, fornita di due pannelli di tessuto centrali nella parte inferiore, di clavi che dallo scollo proseguivano a circa tre quarti della lunghezza. Quest'ultima si conferma appropriata per l'epoca e non ancora oggetto delle modificazioni che hanno interessato questo genere di indumenti con il secolo XVI.

BIBLIOGRAFIA

Bertone M.B., I tessili dei Patriarchi. Paramenti sacri dal XIII al XX secolo nella Cattedrale di santa Maria Annunziata, Tolmezzo (UD) 2016

Davanzo Poli D., Schede, in Tessuti e tessitura in Friuli, Udine 1986