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Scena di genere ambientata all'aperto con un uomo, due cani e selvaggina. L'uomo, a destra della composizione, indossa un cappello nero, una camicia bianca e una giacca azzurra. Sorregge con entrambe le mani un fucile, nell'atto di pulire la canna con una bacchetta. Ai suoi piedi sono dipinti due cani. Nella parte inferiore e a destra della composizione, è ritratta selvaggina appena cacciata: lepri e volatili. Sullo sfondo s'intravede un paesaggio collinare e il cielo azzurro solcato da nuvole bianche.
Ranieri Mario Cossar (1948, pp. 214-215) annoverava tra i primi lavori eseguiti a Gorizia da Giovanni Michele Lichtenreiter “sei quadri di genere per il palazzo del conte Sigismondo d’Attems – Petzenstein”, serie che comprendeva i quattro dipinti qui esaminati più due altre tele raffiguranti rispettivamente una Cucina patriarcale friulana ed una Arca di Noè, opere mai illustrate di cui si è persa ogni traccia. La suite qui considerata fu realizzata per il salone d’onore della residenza di campagna degli Attems, la villa di Podgora – Piedimonte (Gorizia) progettata da Nicolò Pacassi e terminata nel 1748. L’edificio, gravemente danneggiato durante la I guerra mondiale, fu demolito nel dopoguerra e le opere d’arte in esso conservate, già inviate a Firenze nel periodo bellico, furono collocate nel palazzo di città degli Attems che, dal 1900, era divenuto la sede dei Musei Provinciali di Gorizia. Nei primi anni venti, Giovanni Cossar, già direttore del Museo Civico di Gorizia, fu chiamato a dirigere il Museo della Redenzione che riuniva nell’unica sede di palazzo Attems quanto si era salvato delle raccolte dei musei Civico, Provinciale, Diocesano ed Israelitico. A questi beni si univano le opere superstiti della collezione Attems – Petzenstein, nonché gli oggetti provenienti dalle raccolte personali di Giovanni Cossar e del di lui fratello Ranieri Mario. Nel riordinare l’insieme di questi materiali, Giovanni Cossar provvedeva alla stesura di un nuovo inventario generale nel quale specificava la provenienza di ogni singola opera: il lavoro si protrasse per anni e fu concluso il 28 agosto 1927, quando Cossar firmò l’ultimo dei cento fascicoli del nuovo inventario, strumento tuttora fondamentale per lo studio delle collezioni museali (Archivio Amministrativo dei Musei Provinciali di Gorizia). Negli anni venti e trenta, parte delle opere della raccolta già Attems – Petzenstein furono integrate nelle collezioni museali, mentre altri beni provenienti da quella collezione erano divenuti proprietà della famiglia Cossar in seguito alle nozze di Giovanni con Elvira Pippal Attems, vedova ed erede del conte Sigismondo Attems – Petzenstein. È interessante notare che nell’Inventario n. 100 Giovanni Cossar attribuiva senza alcun dubbio a Lichtenreiter la “Venditrice di frutta e fiori” (386), il “Venditore di carne” (n. 387) e il “Venditore di pesci” (n. 389), tele cui assegnava un valore di mercato piuttosto modesto, rispettivamente di 300, 200 e 250 Lire oro, forse in conseguenza al fatto che le opere erano state “mal restaurate”. Viceversa, il dipinto raffigurante il “Cacciatore nell’atto di caricare il fucile” era attribuito senza certezza a “G. M. Lichtenreiter o F. E. Ridinger” (n: 345), valutato ben 2.000 Lire oro e messo in relazione con due altri dipinti raffiguranti un “Mercato di animali” (n. 346) e una “Famiglia di carpentieri” (n. 347) (da identificarsi con i sopra ricordati Arca di Noè e Cucina friulana citati da Ranieri Mario Cossar [1948, p. 214]). Giovanni Cossar annotava che l’autore di questi tele “ricorda la scuola del Bassano” e suggeriva i nomi di “Ridinger o Lichtenreiter”, valutando le tele rispettivamente 3.000 e 2.500 Lire oro, stime che in assoluto sono le più alte dell’inventario. Purtroppo non esiste alcuna documentazione iconografica di questi dipinti che probabilmente furono alienati negli anni trenta in quanto divenuti proprietà della famiglia Cossa. La scelta dei soggetti delle opere realizzate da Lichtenreiter per la villa di campagna degli Attems fu presumibilmente suggerita dallo stesso Sigismondo Attems, che pensava alla residenza estiva come luogo in cui trascorrere la “sbracata tranquillaccia infingardaggine” delle villeggiature (si veda L. Pillon, “Oltre lo specchio”. Committenza e cultura nella Gorizia del Settecento, in I Lichtenreiter nella Gorizia del Settecento, catalogo della mostra a cura di A. Antonello e W. Klainscek, Monfalcone/Gorizia 1996, p. 38) e che pertanto desiderava circondarsi di opere riposanti e piacevoli, orientando le proprie scelte più verso la pittura di genere, che non a quella di storia. Sta di fatto che questa serie di dipinti di Lichtenreiter – più quelli dispersi - costituiscono l’unico esempio di pittura “decorativa” o di “genere” del Settecento goriziano ed anche nell’ambito della produzione dell’artista, prevalentemente orientata a temi storici o religiosi, rappresentano un episodio a se stante. Il ciclo, probabilmente commissionato da Sigismondo Attems alla fine degli anni quaranta, dopo la serie di tele a carattere storico religioso realizzate dall’artista oltremontano per la residenza di città degli Attems, rappresenta una novità anche riguardo alla storia della decorazioni dei palazzi goriziani: un tentativo di emulare quanto veniva realizzato nelle dimore del vicino Friuli veneto dove la “minor pictura” dalla seconda metà del Seicento registrava una crescente fortuna. In omaggio alla moda veneziana, venivano ricercate specialmente le composizioni di carattere narrativo, come mercati e cucine, di spiccata matrice nordica, cui ufficialmente veniva dato un valore prettamente d’arredo, ma che in realtà erano apprezzate per l’iconografia di facile lettura e, soprattutto, per l’intrinseco pregio dell’economicità. Considerando la serie di palazzo Attems Antonio Morassi (1956, p. 14) rilevava che “È interessante osservare in queste tele, di intonazione brunastra, la commistione di elementi napoletani (Solimena, Ruoppolo) con altri di origine fiamminga e olandese (Snyders, Fyt), e con altri ancora d’origine veneta (Piazzetta): onde s’avverte un certo ibridismo di linguaggio, in cui peraltro l’inflessione veneta, cioè piazzettesca, è nondimeno predominante”. Nel contesto della pittura del Settecento goriziano, Lichtenreiter è senza dubbio l’artista più pronto e disponibile a cimentarsi in generi diversi, fermo restando che gli eclettici modelli iconografici assunti vengono interpretati nell’ottica di una cultura figurativa continentale e centroeuropea, connotata da un linguaggio caratterizzato da una concitazione espressiva che inchiostra d’ombra le immagini indipendentemente dal genere. (DELNERI 2007, p. 54)
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