La tela raffigura sulla destra Venere che gioca con una freccia di Cupido, a cui si fa incontro Cerere, mentre in secondo piano Bacco regge uva, fiori e frutta e un satiro alza un cesto di vimini con una colomba.
Il dipinto fu acquistato dalla collezione di Pietro Mentasti nel 1955 con un'attribuzione a Tiziano o Tintoretto. E' stato di recente pubblicato da Lorenzo Finocchi Ghersi (2001), che ha riconosciuto in esso una delle "numerose variazioni sul tema dei dipinti, attribuiti ora a Tiziano ora alla sua cerchia, aventi strette analogie iconografiche con la celebre tela del cadorino con Venere che benda Amore della Galleria Borghese di Roma". Infatti, come attesta lo studioso, l'opera triestina fa chiaro riferimento ad un proverbio tratto da l'Eunuco di Terenzio, nel quale si afferma che in assenza di vino e vivande anche la bellezza di Venere non potrebbe manifestarsi al massimo del suo fulgore. Finocchi Ghersi rileva la stretta affinità sotto il profilo compositivo che lega il quadro in esame con un'incisione dell'olandese Jacob Matham, eseguita nel 1593-1595 e tratta da un prototipo perduto di Tiziano raffigurante Venere Bacco e Cerere, tanto da avanzare l'ipotesi che la stampa sia potuta servira da modello per l'esecuzione del dipinto. Attribuisce quest'ultimo ad un artista veneto degli inizi del Seicento, vicino ai modi di Alessandro Varotari detto il Padovanino (1588/ 1648), pittore che aveva caratterizzato le sue opere da un recupero di soggetti tizianeschi del periodo classico e rinascimentale.
Finocchi Ghersi L., Schede, in La Galleria Nazionale d'Arte Antica di Trieste. dipinti e disegni, Trieste/ Cinisello Balsamo 2001