Il dipinto raffigura il Cristo deposto dalla croce, adagiato su un letto di pietre.
Il dipinto fu acquistato dalla collezione Mentasti nel 1956 con un'attribuzione a Gian Lorenzo Bernini, avanzata da Rodolfo Pallucchini in una lettera conservata nell'Archivio della Soprintendenza di Trieste, mentre Decio Gioseffi e Luigi Coletti espressero nello stesso anno qualche dubbio in riguardo (cfr. Benedettucci 2001). Nonostante la prestigiosa attribuzione, il quadro è stato preso solo sporadicamente in considerazione della critica fino allo studio di Benedettucci (2001), che si sente di confermare l'idea di Pallucchini e quindi di considerare l'opera autografa del celebre maestro. Benedettucci rileva come l'attività pittorica di Bernini è lungi dall'essere ancora ben definita: per la comprensione della sua entità è di estrema importanza la lista di quadri, sculture e architetture dell'artista redatta nel 1675 per Cristina di Svezia nella quale si citano "quadri sopra 150, cioè teste, o due figure, o tre per quadri". Le teste vengono poste dalla storiografia nel periodo giovanile, a cui appartiene pure la tela con gli Apostoli Tommaso e Andrea, oggi alla National Gallery di Londra, documentata nel 1627 in collezione Barberini a Roma. Ma secondo Benedettucci l'attività pittorica di Bernini deve essersi espansa ben oltre i due riferimenti cronologici certi finora noti, cioè il 1627 della tela di Londra e il 1663 del San Giuseppe con Bambino della cappella di Palazzo Chigi ad Ariccia. La pittura di Bernini è caratterizzata da elementi stilistici ben riconoscibili: forme appena abbozzate con una pennellata ricca, ombreggiature dense e nette, sintesi nella resa dei piani spaziali che si ritrovano anche nel Cristo deposto in esame, affine secondo Benedettucci ad altre opere note del nostro, quali il Davide con la testa di Golia della Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Barberini del quarto decennio del Seicento, o il San Paolo della società Gestiarte del periodo tardo (cfr. Bernardini/ Fagiolo dell'Arco 1999). Per lo studioso anche il dipinto di Trieste va collocato nell'attività avanzata dell'artista, grossomodo nel sesto, settimo decennio del Seicento, tenendo anche conto che le tematiche legate alla morte di Gesù ritornano spesso nell'ultima fase di Bernini, come documenta ad esempio il disegno autografo del maestro con la Vergine e il Cristo morto della Pinacoteca Vaticana (inv. 127488), nel quale la postura del Salvatore è assai simile a quella della tela triestina.
Benedettucci F., Schede, in La Galleria Nazionale d'Arte Antica di Trieste. dipinti e disegni, Trieste/ Cinisello Balsamo 2001
Bernardini M. G./ Fagiolo dell'Arco M., Gian Lorenzo Bernini: regista del Barocco, Milano 1999