in basso a destra: Leonor Fini
Un volto di donna visto di tre quarti affiora dal fondo rossastro.
Il dipinto è stato acquistato per le collezioni dell’ateneo dopo l’L’esposizione nazionale di Pittura Italiana contemporanea del 1953. “Egregio signore ricevo la sua lettera. Grazie. Consento il prezzo di 100.000 lire e prego di versare questa somma a mia madre […] mi fa piacere sapere quel quadro all’Università di Trieste”, con questo laconico messaggio Leonor Fini acconsentiva a una sostanziosa diminuzione del valore prefissato in una lettera del due agosto, doveva notificava al rettore Ambrosino la volontà di mandare alla mostra triestina “un’opera recente, una grande testa a olio. Il prezzo e di L. 300.00”, aggiungendo che “ho dato istruzioni alla galleria “La Bussola” di Torino d’inviarle uno dei miei quadri entro il 30 settembre 1953”; cosa avvenuta anche se con un certo ritardo. Nella lettera appena citata la Fini proponeva anche i nomi di Bernard Berenson, Carlo Barbieri e del pittore e architetto Fabrizio Clerici (di cui la Fini aveva realizzato nell’anno precedente un magnifico ritratto) come possibili protagonisti dell’auspicato corso di critica.
Tra i pochi commenti della critica dell’epoca, affilato e molto centrato pare il giudizio di Gioseffi, senz’altro il più analitico tra quelli proposti sull’opera in esame e che coglieva con efficacia le caratteristiche peculiari di quel momento della produzione della pittrice, ben documentata anche da tele come il coevo Volto di donna: “la «testa» della Fini non è una delle sue cose più notevoli: ciò che è sempre suo è quell’aspetto come di fantasma, di apparizione, di ectoplasma che sta materializzandosi, proprio di molta sua pittura, e l’espressione inconfondibile degli occhi, torbidi, ambigui e dolci. Occhi che sembrano guardarci dall’aldilà” (Gioseffi 1953); e ancora, nella breve ma significativa annotazione di Luigi Carluccio, il dipinto diventava “una figura che riporta con una scrittura sottile e fluida l’immagine consueta e antica dell’autoritratto” (Carluccio 1953). Di certo molto alto sarà invece il gradimento del pubblico, documentato dall’Istituto di Statistica dell’Università e poi pubblicato sul Bollettino della Doxa, che sconvolgerà di fatto il giudizio della critica segnalando l’opera di Leonor Fini come l’opera di gran lunga più gradevole tra quelle
esposte in mostra.
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Leonor Fini, Leonor Fini Fabrizio Clerici. Insomnia, Roma 2023
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