in basso a destra: de Cillia
Tra le opere dedicate alla zona del Carso di Enrico De Cillia, questa si caratterizza per uno stile sintetico. Il paesaggio tipico, spoglio e arido, in tonalità terrose e grigie, domina la scena. La vegetazione scarsa accentua il senso di solitudine, mentre la presenza umana è relegata al semplice casolare che si intravede dietro la macchia d'alberi; si crea un senso di isolamento e mistero, riflettendo un paesaggio austero e perturbante.
La tempera su tavola dal titolo Carso e Timavo venne presentata con successo al pubblico tra il settembre e il novembre del 1957 alla XII Biennale d’Arte Triveneta di Padova.
Il pittore aveva scelto l’opera come la più rappresentativa da esporre, tanto da affiancarle solo altri due lavori come La cava e Composizione, ovvero corollari al dipinto entrato poi nelle collezioni d’arte dell’Università di Trieste. Evidentemente pure la commissione – guidata da un Giuseppe Marchiori apertamente polemico, tanto da far scrivere nel verbale d’ammissione “ha deprecato l’atteggiamento ostile degli artisti veneziani, i quali hanno male interpretato la decisione della commissione” e lo scultore Marcello Mascherini – giudicò il lavoro di De Cillia d’elevata qualità, tanto da riprodurlo nel catalogo illustrato dell’esposizione.
Un dipinto che spicca, dunque, nella vasta produzione del pittore friulano, rispetto ad altre prove “carsiche” e che, fra le numerose opere presenti nella pinacoteca di Treppo Carnico paese natio del pittore e intitolata a suo nome, ricoprirebbe un ruolo centrale. È un paesaggio scarno il Carso descritto da De Cillia, non privo di raggiungimenti inquietanti come le anse del fiume, tenebrose e abissali, contrapposte alle colline brulle, dove l’unico silente indizio d’una presenza umana è la costruzione geometricamente elementare sulla sinistra, contraddistinta dalla nota di rosso.
Gardonio M., Schede, in "Ricorda e Splendi". Catalogo delle opere d'arte dell'Università degli Studi di Trieste, Trieste 2024