pettine, ambito longobardo, VI d.C.

Pettine a un filare di denti, alti e distanziati; lamella centrale con estremità arrotondate superiormente e emergenti dalla presa, costituita da due costole timpanate a sezione semicircolare, fissate con perni in ferro (se ne conservano tre). La decorazione delle costole, diversa su ogni lato, prevede motivi geometrici incisi entro cornice lineare. Su un lato, alle estremità, tre occhi di dado disposti verticamente tra due fasce di tratti verticali paralleli, seguiti da croci inscritte entro rettangoli, con occhi di dado nel punto di unione dei bracci; al centro, rosetta quadripetala inscritta in due cerchi concentrici, affiancata da due matasse a compasso con occhi di dado. Sul lato opposto, alle estremità vi sono tre gruppi di di tre occhi di dado disposti verticalmente, alternati a fasce di tre linee verticali e incisioni cruciformi con occhi di dado; al centro, tre semicerchi concentrici con incisioni puntiformi e occhi di dado alla base. Nelle costole, brevi tagli verticali.

I pettini, attestati frequentemente nei corredi funebri maschili e femminili in età tardo-antica e altomedievale sia in tombe della popolazione autoctona sia di quella germanica, non subiscono variazioni formali che possono fornire indicazioni cronologiche precise. Tuttavia esistono due tipi fondamentali, in base alla presenza di uno oppure di due filari di denti. I numerosi pettini rinvenuti nella necropoli di S. Stefano documentano entrambi i tipi. Il pettine della tomba n. 27 appartiene al tipo a un filare di denti con impugnatura superiore, come quelli delle tombe nn. 1, 23 (ID 9430) e 27 (ID 15070) di questa necropoli