INSEDIAMENTO, età romana

Oggetto
INSEDIAMENTO - villa
Localizzazione
Camino al Tagliamento (UD) Glaunicco
Cronologia
età romana
Codice scheda
SI_33

A seguito della segnalazione di Aladino Padovan, di Glaunicco, il prof. Tagliaferri compiva uno o più sopralluoghi nel 1985 nel sito di Glaunicco di cui qui si parla raccogliendo una consistente quantità di materiale che egli così elenca. “Si raccolsero tessere di mosaico bianco e nero e 2 marchi su fr. di embrici gialli: [Q.OH]APUL, M.C.CHRESIMI. Inoltre cubetti e parallelepipedi in cotto per pavimenti, fr. di anfora (anche anfore intere raccolte in passato), fr. di marmo per pareti, fr. di lucerna in cotto, fr. di macina manuale in pietra; 2 chiavi di ferro a scorrimento, 1 fr. di scalpello in ferro; 1 fr. di capanello in bronzo, 1 terminale di bronzo a birillo, 1 fr. di fibula in bronzo di epoca tarda; fr. diversi di pesi in piombo, 2 pesi di piombo a forma di ascia con fori per stadera (gr 567, 52 l’uno); fr. di ceramica di tipo Auerberg; 7 monete, di cui 1 denario di Marco Aurelio (gr. 2,70), 1 denario di Diocleziano (gr. 2,14), 3 M.B. del II-III sec d.C. (gr. 7,98; 7,98; 7,16), 2 P.B. corrosi III-IV sec. (inv 6278)”. In realtà la fibula ritenuta tarda è stata poi pubblicata da Chiara Magrini come KpF con lamina d’appoggio (inv. n. 25146). Il fatto che sia stata costruita in un unico pezzo fa propendere per una datazione compresa negli ultimi decenni del I sec. d.C. Tra il 19 e il 23 maggio 1997 si effettuò un primo saggio di scavo nel fondo di proprietà del sig. Remo Trevisan, a Glaunicco, in occasione della costruzione di un capannone nel terreno ove si presume sorgesse una villa rustica romana. Si raccolsero allora i reperti che vennero alla luce nel corso degli scavi necessari alla realizzazione dell’opera edilizia e si scavò una trincea parallela al lato lungo del capannone e due altre trincee trasversali. Alcuni rinvenimenti corrispondono effettivamente a quanto già segnalato dal Tagliaferri: tali sono le chiavi, laterizi bollati, frammebti di anfore, tessere di mosaico bianco e nero etc. Nel mese di ottobre dello stesso 1997 si provvide a realizzare un ulteriore sondaggio una cinquantina di metri più a ovest. Si trovò allora una vaschetta in muratura, alla profondità di circa 70 cm dal piano di campagna e si recuperarono oltre ai soliti frammenti di anfore scarti di lavorazione del piombo, oggetti di bronzo, laterizi, tessere musive etc. Siamo dunque in presenza di un impianto rustico, probabilmente articolato in più edifici, della cui ampiezza e del cui orientamento non si possiedono al momento dati sicuri. Dall’insieme dei frammenti recuperati, si ricava che l’edificio fu in uso almeno dalla fine del II sec. a.C. fino al IV sec (moneta di Diocleziano), apparentemente senza soluzione di continuità, a giudicare da alcuni elementi (monete, lucerne). Merita di essere sottolineato il numero complessivo delle monete rinvenute, che ammmonta a 14 esemplari, di cui solo 4 sono state classificate. Sostanzialmente non varia la cronologia tra le due parti dell’edificio oggetto di indagini. I punti di appoggio per la cronologia sono poco numerosi, ma alcuni frammenti di ceramica grigia e ceramica semi depurata in uso specialmente nel corso del II sec. a.C. indicano una frequentazione precoce, databile almeno nella prima metà del I sec. a.C. se non prima. La presenza nel corso del I sec. a.C. è assicurata dai frammenti di anfore del tipo Lamboglia 2 e delle olle così dette “da miele” che possono scendere fino alla prima età augustea. Per il I d.C. abbiamo appoggi generici, salvo il fr. di bicchiere a pareti sottili. come è ovvio, la quantità dei frammenti aumenta per i secoli successivi. Possiamo dire che specialmente la fase tardoantica è ben documentata. In essa si osserva, come in altre località, la sostanziale scomparsa della ceramica comune, sostituita dalla ceramica grezza, che presenta come prevalente la forma della ciotola, con decorazioni che sono comuni nell’arco alpino orientale nel corso del IV secolo e con motivi decorativi più ricercati che paiono propri di una minoranza di ciotole, attestate specialmente nell’ultimo quarto del secolo e probabilmente ancora all’inizio del V. sorprende il grande numero di frammenti di recipienti in ceramica africana, che indica una buona capacità economica degli abitanti della villa fin dalla fine del II sec. d.C. e specialmente nel corso del IV. Per quanto poche forme siano riconoscibili, ci troviamo dinanzi a presenza che non sono usuali, stando ai dati attualmente in nostro possesso, nella campagna friulana. Vediamo che oggetto di importazione sono non solo anfore africane ( qui scarsamente attestate peraltro), ma specialmente stoviglie da tavola e anche vasellame da dispensa, con l’inclusione di pentole di origine africana e contenitori di vino, di ridotte dimensioni e quindi per prodotti di particolare pregio. Non mancano neppure i prodotti provenienti dall’Asia Minore, come i piccoli contenitori con impasto micaceo, di cui rimane un frammento, probabilmente usati per il trasporto del vino e anche parte di un’anfora microasiatica. Tutti questi elementi sono ugualmente databili nel corso del IV sec. d.C. epoca che deve aver visto una certa fioritura economica della villa e del fondo che ad essa faceva riferimento. La villa, che poteva forse essere composta da edifici diversi ubicati in aree tra loro distanti, aveva certo una parte residenziale con pavimenti decorati a mosaico con tessere bianche e nere (probabilmente nella zona del fondo Trevisan, da cui sono state recuperate numerose tessere) e con ambienti pavimentati con quadrati in cotto, forse ritagliati da tegoloni (comuni alle due aree). La parte dell’edificio o l’edificio del fondo Trevisan aveva certo un’architettura di maggior presa. Un porticato – che non sappiamo dove fosse disposto – aveva delle basi in pietra di Aurisina per le colonne e almeno un ambiente aveva una decorazione formata da una modanatura lapidea posta a mo’ di basamaneto. Il livello di lusso dell’abitato è indicato dalla presenza di un impianto termale domestico, di cui ci riamangono come sole, ma significative testimonianze, parti di tubuli, particolarissimi laterizi a sezione quadrangolare forati per lasciar passare l’aria calda dall’intercapedine del pavimento lungo le pareti dell’ambiente destinato a sudatorium ovvero a sauna. Le forniture per gli interventi edilizi denotano quello che era l’orientamento economico della zona. Forse ancora nella prima metà del I sec. a.C. i laterizi necessari per le costruzioni della zona venivano acquistati ad Aquileia o nei suoi immediati dintorni (bollo D.Poblici D.F. da Camino al Tagliamento). A partire dalla metà del secolo o più probabilmente dall’età augustea fino a tutto il I sec. d.C. il fabbisogno di laterizi per la villa di Glaunicco venne invece soddisfatto dal grande distretto produttivo di Palazzolo dello Stella, che nel frattempo si era specializzato in questa produzione e che esportava i suoi prodotti via mare anche lungo le coste adriatiche. Di qui vengono i laterizi con i bolli C. Titi Hermetis, che ci mostrano come quel distretto diffondesse i suoi prodotti lungo il principale asse stradale costiero (via Annia che portava a Concordia da un lato e ad Aquileia dall’altro) e anche lungo la strada che costeggiava a oriente il Tagliamento e risaliva fino ai magredi dell’altra pianura (Vidulis di Coseano, come dimostra ad es. la diffussione del marchio Q.Ohapul). Anche nell’alto impero continua la piccola economia su scala locale, che si avvale dei buoni collegamenti tra le due sponde del Tagliamento e si rifornisce da produttori locali. Così è attestata la commercializzazione di marchi pressochè ignoti come quello siglato C.T.R o C.A, del tutto ignoto. La diffusione delle lucerne con marchio Vibiani, nell’avanzato II e anche nell’iniziale III sec. nel medio Friuli, a ridosso del Tagliamento, ci fa comprendere che in questo periodo era vitale il collegamento con Iulia Concordia in quanto emporio per la distribuzione di prodotti. Presumibilmente da questa città provenivano i prodotti africani, ma anche il frammento in terra sigillata sudgallica rinvenuto all’interno della villa. Abbiamo ben scarsi elementi per il riconoscimento delle attività produttive che si svolgevano all’interno della villa, attività che costituivano il corollario delle principali occupazioni legate all’agricoltura. Gli scarti di piombo ci fanno supporre che anchequi, come era regola costante, vi fosse un’officina, forse gestita da uno schiavo o un servo, in cui si provvedeva alle riparazioni più semplici per la vita domestica. Comune è anche la pratica della filatura in casa con telaio verticale a pesi, praticata anche nella villa di Glaunicco, come attesta il peso rinvenuto.

BIBLIOGRAFIA

Magrini C., Le fibule romane nel Museo Archeologico Nazionale di Cividale, in Forum Iulii, Cividale del Friuli (UD) 1997, 21

Buora M./ Cassani G., Presenze romane nel territorio del medio Friuli.12 .Camino al Tagliamento, Tavagnacco (UD) 2005, 12

Tagliaferri A., Coloni e legionari romani nel Friuli celtico. Una ricerca archeologica per la storia, Pordenone 1986, 3