STRUTTURA ABITATIVA/ AREA AD USO FUNERARIO

Oggetto
STRUTTURA ABITATIVA/ AREA AD USO FUNERARIO - stazione preistorica
Denominazione
Grotta Gigante
Localizzazione
Sgonico (TS) Borgo Grotta Gigante
Cronologia
Neolitico antico - Bronzo antico
Ambito Culturale
Cultura dei Vasi a Coppa, Eneolitico - Bronzo antico
Indagini di scavo
Società Alpina delle Giulie - 1961/00/00-1962/00/00
Società Alpina delle Giulie - 1964/00/00
Codice scheda
SI_723

La grotta Gigante è una delle più importanti e ampie grotte turistiche d'Italia. L'ingresso è costituito da un’apertura naturale, scoperta nel 1890, che già dal 1908 fu attrezzata come accesso turistico. A circa 80 metri di profondità si apre la parte più imponente e spettacolare della Grotta Gigante: la Grande Caverna, un unico vano naturale dalle dimensioni eccezionali: 98,50 metri di altezza, 167,60 di lunghezza e 76,30 di larghezza. Fu nella parte più profonda della caverna che G.A. Perko riconobbe diversi strati di cenere contenenti frammenti ceramici, conchiglie, ossa bruciate. Bisognerà attendere il 1958 perché emergano altri reperti: durante uno sbancamento marginale del cono detritico che si trovava sul fondo della grotta, furono recuperati resti ossei animali e pochi frammenti riconducibili a due individui (ANDREOLOTTI, STRADI 1964). Nel frattempo, nel 1961-1962 si eseguirono gli unici veri interventi sistematici, nella cosiddetta "caverna superiore" (ANDREOLOTTI, STRADI 1972), che documentarono episodi di frequentazione dal Neolitico al Bronzo Antico (MONTAGNARI KOKELJ 1997). Sul fondo della grotta, in coincidenza con l'allargamento della sezione del cono detritico, nel 1964, in uno strato che vedeva associati resti ceramici e ulteriori resti ossei umani, Fasi Pre-Protostoriche: gli interventi di scavo effettuati tramite due trincee nel vestibolo della "caverna superiore" o "ingresso alto" hanno portato alla scoperta di diversi frammenti di recipienti profondi a pareti convesse e bocca ristretta (vasi a coppa), anche con decorazione a motivi geometrici incisi nel taglio 4, taglio che poggiava su strati sterili (ANDREOLOTTI, STRADI 1972). Gli strati 3 e 2, con livelli di terreno argilloso bruno-nerastri frammisti a pietre e cenere, hanno restituito strumenti in selce (1 punta di freccia e alcune lame) e 1 frammento di ascia forata in pietra levigata, oltre a diversi materiali ceramici inquadrabili tra l'Eneolitico e il Bronzo antico (Montagnari Kokelj 1997). Il recupero del 1964, avvenuto in deposito stratificato del cono detritico, ha portato a riconoscere, nello strato indicato come c2, alcuni reperti fittili in associazione con la mandibola umana come riconducibili ad una fase compresa tra il Neolitico forse tardo e il Bronzo antico. Fase romana: sfortunatamente, i reperti segnalati da G.A. Perko sono dispersi. Egli tuttavia riportava di aver trovato una moneta con impresso sul dritto il busto di Lucilla e sul rovescio la figura della Pietà Velata e una deteriorata con l'effige di Costanzo, figlio di Costantino (PERKO 1897).

Gli unici interventi sistematici di scavo risalgono agli anni '60. Tutti i rinvenimenti precedenti, sparsi in zone diverse di una grande cavità, senza indicazioni stratigrafiche e comunque occasionali, rende arduo ogni tentativo di ricostruire le modalità di frequentazione umana della cavità. I rinvenimenti sul fondo, il recupero di resti umani del 1958 e il parziale scavo del 1964, effettuato in un deposito secondario, che perciò implica una scarsa affidabilità delle associazioni con altri materiali, rimangono senza possibilità di essere messi in relazione. Una serie di frammenti ceramici (come i recipienti a pareti rientranti e collo distinto) sembrano avere diversi punti di contatto con l'ambito di Lubiana, mentre altri, come i recipienti profondi a collo, con ansa a nastro impostata tra orlo e spalla, con o senza decorazione incisa, hanno punti di contatto in contesti Cetina. Tutti questi però non corrispondo perfettamente, essendo caratterizzati da elementi anomali. Qualche collegamento può essere fatto anche con l'area di Polada, in particolare per il Brotleibidol. Confronti verso culture dell'Ungheria sono anche portati da un vaso con decorazione a Barbotine. Anche tenendo presente questi confronti, i materiali riflettono una serie di episodi isolati di frequentazione dell'area della "caverna superiore". Senza contare che l'area precisa di dislocazione primaria dei resti umani non è determinabile (e se probabile è l'uso funerario di alcune aree della grotta, non è possibile identificarle o identificare il rituale di sepoltura). Lo stesso utilizzo delle diverse aree della grotta è solo ipotizzabile, allo stato delle conoscenze.

BIBLIOGRAFIA

Bagolini B./ Biagi. P., Il Carso e il Friuli nell'ambito del Neolitico dell'Italia settentrionale e dell'area balcano-adriatica, in Atti della Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli Venezia Giulia, Trieste 1978-81, IV

Marini D., Il problema delle antiche sepolture sul Carso triestino alla luce di alcune recenti scoperte, in Alpi Giulie, Trieste 1975, n. 69

Andreolotti S./ Stradi F., I rinvenimenti preistorici nella caverna superiore della Grotta Gigante, in Atti e Memorie della Commissione Grotte “E. Boegan”, Trieste 1971, XI

Andreolotti S./ Stradi F., Resti umani dell’età del Bronzo rinvenuti nel cumulo detritico della Grotta Gigante (Nota preliminare), in Atti e Memorie Commissione Grotte “E. Boegan”, Trieste 1964, n. 3

Perko G. A., La Grotta Gigante, in Il Tourista, Trieste 1897, IV, maggio aprile