TRACCE DI FREQUENTAZIONE, Mesolitico

Oggetto
TRACCE DI FREQUENTAZIONE - stazione preistorica
Denominazione
Grotta Azzurra
Localizzazione
Duino Aurisina (TS) San Pelagio
Cronologia
Mesolitico - Età del Bronzo
Ambito Culturale
Mesolitico, Cultura dei Vasi a Coppa, periodo protostorico
Indagini di scavo
- 1894/00/00
- 1958/00/00-1959/00/00
Università di Pisa, Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia - 1962/00/00-1963/00/00
Università di Pisa - 1971/00/00-1972/00/00
Codice scheda
SI_725

La grotta Azzurra si trova in una dolina non distante dall'abitato di Samatorza. I primi recuperi qui effettuati, nel 1892, da parte di Karl Moser risultano ad oggi dispersi: non sappiamo quindi in base a quali elementi il Moser basasse la sua attribuzione dei materiali al Neolitico. Il primo, vero scavo risale al 1894, quando Carlo Marchesetti scavo un'area nel vestibolo e fece dei saggi nella parte interna. Egli riportava di aver trovato numerosi materiali ceramici, orli, manici, recipienti con cordoni rilevati, e due fusaiole. Riferiva, inoltre, del ritrovamento "di un grande doglio a zone nere e rosse con cordoni interposti, che sembra il prototipo degli ossuari zonati, tanto frequenti nella necropoli di S. Lucia", che risulta al momento non individuato. Numerosi gli strumenti litici, soprattutto pestelli e coti. La mancanza di strumenti in metallo lo portò ad escludere che la grotta fosse stata abitata nel Neolitico, per poi essere meta di frequentazioni solo occasionali nelle epoche successive, come testimoniato da alcuni reperti romani e altomedioevali (MARCHESETTI 1894). I rinvenimenti del Lomi, fra i quali in particolare il dente umano, portarono il Battaglia, che pure qui non aveva scavato, a includere la grotta fra le cavità paleolitiche. Gli scavi del 1958-59 ad opera di Dante Cannarella e Gino Slongo portarono alla luce una stratigrafia, divisa in quattro strati, dal Neolitico antico (coi primi fondi di recipienti profondi a pareti convesse e bocca ristretta) sino alla tarda età del Bronzo, con diversi materiali rilevanti come un colatoio (strato A-2)e un piatto con orlo ispessito internamente (strato A-1), che può essere fatto risalire al Neolitico. Fu con la campagna dell'Università di Pisa del 1962-1963 e col suo seguito nel 1982 che si mise definitivamente in luce un deposito fondamentale, con una stratificazione di più di 4 metri, dal Mesolitico degli strati G e F degli scavi 1962-1963 e i tagli dello scavo 1982, sino all'età del Bronzo. Lo strato A presenta materiali ascrivibili all'Eneolitico e all'età del Bronzo, come i recipienti profondi a pareti rientranti e orlo distinto passante a collo verticale, con impressioni in sequenza lineare sotto l'orlo e forse al passaggio spalla-collo, con leggero ispessimento passante a cordone sotto l'orlo, anche con impressioni; lo strato B, invece, potrebbe essere attribuito ad un orizzonte tardo Neolitico o Eneolitico. Secondo Cannarella e Cremonesi, lo strato E documenta due diversi orizzonti culturali nell'ambito del Neolitico. Lo strato soprastante D risultò sterile. In questo strato E venne scoperto un frammento di Ceramica impressa (CANNARELLA, CREMONESI1967). I livelli superiori a trapezi del Mesolitico, secondo gli scavatori, al momento dello scavo risultavano decapitati.

Come in molte altre grotte del Carso, anche nella grotta Azzurra viene confermato lo schema di base per quel che riguarda la litica del Mesolitico: un orizzonte più antico risulterebbe caratterizzato dalla diffusione di strumenti a dorso e triangoli, mentre uno più recente sarebbe contraddistinto dalla comparsa dei trapezi, vedendo però persistere i tipi caratterizzanti l'orizzonte arcaico, che iniziò in una fase avanzata del Sauveterriano. L'industria del livello superiore si può riferire a una fase castelnoviana ancora con forti influssi della fase precedente (CICCONE 1992). Il Neolitico, invece, presenta diversi elementi riconducibili al Gruppo di Vasi a Coppa, sotto forma di orli, decorati e non e di fondi. Se questi elementi sono collegabili col Gruppo di Danilo, abbiamo anche alcuni elementi singolari, come il frammento di ceramica impressa, ma anche reperti unici, come l'esemplare con ansa subcutanea e decorazione dipinta complessa, solo genericamente attribuibile al Neolitico. Questi ed altri elementi, come il piatto con riporto interno di argilla, i recipienti con trattamento a Besenstrich o ancora i recipienti profondi a pareti rientranti e orlo distinto con sequenze incise sotto l'orlo, si inseriscono nelle problematiche tipiche delle cavità del Carso, in particolare nell'orizzonte Neolitico tardo - Bronzo antico, riguardanti i rapporti di questa area con l'Italia settentrionale da un lato, ma soprattutto con l'area balcanica dall'altra e del ruolo dell'altopiano come punto nodale di influssi culturali.

BIBLIOGRAFIA

Ciccone A., L'industria mesolitica della Grotta Azzurra di Samatorza: scavi 1982, in Atti della Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Trieste 1992, VII

Cremonesi et alii, Grotta Azzurra : scavi 1982 (nota preliminare), in "Il Mesolitico sul Carso Triestino" - Atti della Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Trieste 1984, Quaderno V

Cannarella D./ Cremonesi G., Gli scavi nella Grotta Azzurra di Samatorza nel Carso triestino., in Rivista di Scienze preistoriche (XXII-2), Firenze 1967

Cannarella D., La Grotta Azzurra di Samatorza N. 257 V.G. - Nota descrittiva delle ceramiche preistoriche e considerazioni sul nostro neolitico,, in Archeografo Triestino, Trieste 1962

Marchesetti C., La grotta azzurra di Samatorza, in Atti del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, Firenze 1895, 9