450 d.C. - 899 d.C.
Costruzione di una basilica funeraria, in un sobborgo situato a nord-est di Aquileia. L'aula, a navata unica (m 17 x 48 ca.), era dotata di abside circolare all'interno e poligonale all'esterno, in parte schermata da un ambiente rettangolare. Precedeva il corpo di fabbrica un nartece, più largo dell'aula, e dotato di tre porte d'ingresso, in corrispondenza di quelle della chiesa. L'edificio conobbe almeno tre rifacimenti tra il V e l'VIII/IX secolo, che lo portarono ad assumere una divisione interna in tre navate, mediante sei pilastri per parte, con sopraelevazione dei livelli pavimentali. I resti strutturali relativi a queste fasi paleocristiane-altomedievali, comprendenti fondazioni, pavimenti musivi policromi, e parte degli alzati, furono riportati in luce definitivamente alla metà del XX secolo, e lasciati in vista all'interno dell'edificio museale moderno
950/00/00 - 999/00/00
Rimaneggiamento delle strutture dell'edificio di culto paleocristiano per la realizzazione di una chiesa abbaziale, annessa al cenobio femminile dell'ordine di San Benedetto, che si insediò nel luogo nel X secolo. Il centro religioso di Santa Maria, anche grazie alle donazioni del patriarca Poppone del 1036, acquistò importanza su tutte le altre istituzioni monastiche del territorio così da divernire "il Monastero" per eccellenza, dando origine al toponimo che ancora oggi identifica la località del suburbio nord-orientale di Aquileia
1782 - 1899
Dopo la soppressione del convento benedettino per opera di Giuseppe II, nel 1782, il sito monastico fu venduto ai conti Hoffer della Torre Valsassina, per poi passare nel 1787 alla famiglia Cassis-Faraone e, nel 1852, ai nobili triestini Ritter de Zahony, ancora oggi proprietari del corpo dominicale della villa rurale che andò a insediarsi nel luogo, sfruttando le preesistenze architettoniche del monastero e dei suoi annessi. Nel corso di questi rimaneggiamenti, avvenuti tra la fine del '700 e il secolo successivo, le strutture della chiesa furono adattate a tinaia ("foladôr"): il corpo di fabbrica antico fu prolungato di ca. 14 metri, e la facciata originaria demolita per fare posto a una nuova, in stile neoclassico, con due grandi portali carrai arcuati. Un muro (la cd. "spina") fu innalzato a dividere longitudinalmente lo spazio interno.
1895 - 1961
In seguito alle prime scoperte archeologiche di Enrico Maionica, risalenti al 1895, e ai successivi scavi sistematici di Giovanni Brusin degli anni '40-'50 del XX secolo, si chiarì definitivamente come il fabbricato agricolo, già chiesa dell'ex monastero, avesse utilizzato i muri perimetrali della basilica di V secolo. Tali scoperte determinarono la scelta di destinare la struttura a contenitore museale di reperti paleocristiani. La nuova struttura vide la luce nel 1961, su progetto di Ferdinando Forlati e Franco Albini. Per la realizzazione del museo si demolì il muro di "spina", che divideva internamente l'edificio settecentesco; nel coevo avancorpo, poi, fu realizzato un solaio, a costituire un primo piano, al di sopra del quale fu ricavata una galleria. Queste strutture risultano funzionali alla creazione di spazi espositivi, rendendo possibile anche la visione dall'alto dei resti dell'edificio cultuale paleocristiano.
Cuscito G., Signaculum Fidei. L'ambiente cristiano delle origini nell'Alto Adriatico: aspetti e problemi., Trieste 2009
Vergone G., Le epigrafi lapidarie del Museo Paleocristiano di Monastero (Aquileia), Trieste 2007
Franceschin G., Santa Maria di Aquileia - Monastero, chiese e cura d'anime, 1036-1782, Mariano del Friuli (GO) 2007
Bertacchi L., La basilica di Monastero, in Aquileia Nostra, 1965, 36
Forlati Tamaro B./ Bertacchi L., Aquileia. Il Museo Paleocristiano, Padova 1962
Brusin G./ Zovatto P.L., Monumenti paleocristiani di Aquileia e Grado, Udine 1957