in basso a destra: Romeo/ 53
sul retro, sulla tela in alto a sinistra: ROMEO DANEO/ "SPAVENTACCHIO N. 2"
La grande figura antropomorfa si staglia contro lo sfondo azzurro dove si scorgono alcune minuscole costruzioni stilizzate.
Creato per l’Esposizione Nazionale di Pittura Italiana Contemporanea tenutasi all’Università di Trieste nel 1953, lo Spaventacchio n. 2 è uno dei curiosi personaggi d’invenzione concepiti da Romeo Daneo, fratello maggiore di Renato, anch’egli pittore. Attraverso la semplificazione della forma e la bidimensionalità delle superfici pittoriche, egli crea una creatura antropomorfa che è quasi un emblema dell’artista. Nella tela tarsie di colori freddi - bianchi e grigi - e pochi tocchi di rosso, si articolano su un astratto fondo azzurro, a comporre una figura priva di rilievo plastico che sembra essere stata montata pezzo per pezzo ed è stata definita da Decio Gioseffi “un magico Meccano”. Del dipinto esiste un’altra redazione pressoché identica in collezione privata, intitolata Spaventacchio n. 2 e datata 1952 (cfr. Da Nova 1982, p. 136).
L’attività espositiva di Daneo, nato a Trieste nel 1901, ha inizio nel 1934 con la partecipazione a rassegne collettive in ambito locale, tra le quali ricordiamo la “Mostra del ritratto” (Trieste 1947), dove vince il primo premio del ritratto con una pittura a “tarsie” di colori puri, dotata però di una grande evidenza icastica. Tale successo gli apre la strada alla Quadriennale romana del 1948 e alle Biennali veneziane del ‘48 e del ‘50. Nel 1953 Daneo è presente anche alla I Mostra Artisti Giuliani e Dalmati, alla X Biennale d’Arte Triveneta di Padova e alla II Mostra di Artisti Triestini, come lui stesso specifica in una lettera indirizzata all’Ufficio Iniziative Culturali dell’Università, nella quale chiede una proroga per la consegna del suo dipinto (Arch. Generale Università degli Studi di Trieste). Al 1957 risale l’allestimento della sua prima personale presso la Galleria Odyssia di Roma. Merita ricordare anche l’attività di illustratore editoriale e il ruolo avuto a Trieste dal 1955 quale presidente del locale Sindacato Artisti Pittori e Scultori.
La prima produzione del maestro, quasi del tutto dispersa, era composta da opere figurative caratterizzate da un cromatismo acceso, vicino ai modi espressionistici. Le ricerche intorno alla “magia del colore” porteranno l’artista, dagli anni Cinquanta, a cambiare le proprie composizioni “a tarsie” dapprima in senso astrattista-decorativo, quindi in senso fantastico, o se si vuole, surrealistico. I colori ricchi di trasparenze, la preziosità dei materiali adoperati, l’aurea fiabesca e la dimensione di astratto surrealismo, rievocanti la raffinatezza delle icone bizantine, ne fanno uno tra gli artisti triestini più aperti all’innovazione nella seconda metà del Novecento. L’ultima fase di attività dell’artista, a partire dagli anni Sessanta e Settanta, è segnata dalla svolta informale, con i collages - creati utilizzando i materiali più diversi, come tela, carta, giornali, fotografie - e le incisioni, caratterizzate da una notevole raffinatezza d’esecuzione.
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Ratzenbeck C., Schede, in "Ricorda e Splendi". Catalogo delle opere d'arte dell'Università degli Studi di Trieste, Trieste 2014
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