NR: M. Mascherini
NR: M
La scultura intitolata "Arcangelo Messaggero" realizzata da Marcello Mascherini raffigura un angelo dalla figura allungata e slanciata in una postura dinamica. Le ali sono aperte e curve, creando un senso di movimento e, nel contempo, di potenza. Tra le ali emerge la testa, coronata da una sorta di aureola stilizzata composta da raggi che si protendono verso l'alto, conferendo alla figura un senso di mistero e trascendenza.
Scultura a soggetto sacro ma collocata a guardia di un luogo laico per eccellenza come il Centro Internazionale di Fisica Teorica, è il colossale Arcangelo Messaggero del 1962, con il quale Mascherini aveva nel gennaio 1974 vinto un concorso bandito dal prestigioso istituto triestino volto all’acquisizione di significative opere d’arte (Appella 2004, p. 197). ‘Difficile’ e complesso, il bronzo aveva fatto parte di quel lotto di immagini, «scabre e petrose […] simboli inquietanti del pietrificarsi della più esaltata vitalità» presentate alla sala personale allestita alla XXXI Biennale veneziana del 1962 (Salvini 1962, p. 58). A differenza del ben più leggibile Arcangelo Gabriele, che lo precede di solo un anno, sin dalla sua apparizione colpiva nell’opera in esame lo slancio sfarfallante e l’iconografia bizzarra, con «l’avveniristica testa di antenne esposta sull’ala, ma il suo essere d’albero, di fusto, seguito nei suoi incavi, nei suoi aggetti e persino nei suoi mancamenti, è forse uno degli esempi più didascalicamente vittoriosi tra materia e significato, fra il cercare, il trovare, e lo scegliere e l’aggiungere per modellato, propri nel dominio dell’autore» (Gatto 1969, p. 32). Si trattava di uno dei documenti visivi più importanti dell’inizio di una stagione del tutto nuova per lo scultore triestino: «Di là dal rinnovamento formale, di là dalla novità del tono poetico, rimane ferma l’esigenza profonda di Mascherini di proiettare la realtà sullo schermo del mito: il mito, adesso, della forza primigenia della natura» (Salvini 1962, p. 59); una forza che l’artista cercherà sul campo, calcando con la plastilina le tormentate superfici delle rocce carsiche esposte al vento: «nelle mie opere ricarcalco le materia vere, dominate da me non casualmente e nelle quali imprigiono la mia volontà […] il modellato non è più espressione di eroismo, di grazie e di bellezza, bensì ricerca, angoscia, per la quale metto nella mia opera un senso drammatico. In particolare l’opera comprende in sé tutti i dubbi di cui è permeata la nostra attualità» (intervista del settembre 1968 in Appella 2004, p. 184).
De Grassi, Massimo, Schede, in "Ricorda e Splendi". Catalogo delle opere d'arte dell'Università degli Studi di Trieste, Trieste 2024