Il dipinto raffigura un uomo inginocchiato con le mani giunte in preghiera, il volto sofferente, la barba lunga e un perizoma di foglie come unico vestimento.
Il perizoma di foglie permette di identificare il vecchio anacoreta con Onofrio (non si tratterebbe quindi di San Girolamo come indicato da Santangelo), il santo eremita che lasciò il monastero dove viveva per dedicarsi ad una vita più solitaria nel deserto, sull'esempio di San Giovanni Battista. Originariamente la tela, che risulta decurtata lungo il lato verticale, doveva comprendere un secondo personaggio del quale rimane solo la mano destra. Questa seconda figura potrebbe essere identificata con San Giovanni Battista sia per la presenza del piccolo agnello accovacciato sia perchè, secondo quanto racconta Pafnuzio nella Vita di Onofrio, San Giovanni Battista costituì per l'eremita un riferimento spirituale e un modello di vita. Il dipinto potrebbe essere uscito dalla bottega di un maestro veneto attivo nella seconda metà del XVII secolo. In particolare, il Sant'Onofrio della tela gemonese richiama, pur nel suo limite stilistico e formale, il San Paolo eremita della pala di Palma il Giovane conservata nella chiesa dei francescani di Traù.
Algeri G./ L'Occaso S., Le opere d'arte della chiesa di Sant'Anna di Capodistria, in Histria. Opere d'arte restaurate da Paolo Veneziano a Tiepolo, Milano 2005
Santangelo A., Inventario degli oggetti d'arte d'Italia. 5. Provincia di Pola, Roma 1935