Gli alari, simbolo della civiltà contadina in Friuli
Secondo le ricerche effettuate da Luigi Ciceri, l’alare, ciavedâl, iniziò a diffondersi nelle dimore signorili a partire dal XVII secolo, divenendo, nel corso degli anni, una presenza pressoché costante in tutte le case friulane, almeno fino all’avvento di più moderni sistemi di riscaldamento e cottura dei cibi.
In generale l’alare friulano si distingueva per una forma particolare che non trovava riscontro nelle altre zone d’Italia, come fu puntualmente rilevato da Paul Scheuermeier durante l’importante e sistematica indagine inerente alla cultura materiale da lui condotta negli anni Venti del secolo scorso.
Infatti questi oggetti -che potevano essere caratterizzati da linee pulite ed essenziali, ma spesso invece assumevano il valore di vere e proprie opere d’arte, per la ricercatezza e la raffinata eleganza delle decorazioni- presentavano una costruzione piuttosto originale. La loro peculiarità era data dalla presenza di quattro piedini sormontati da due montanti verticali e uniti fra loro da una sbarra orizzontale, con l’aggiunta, a seconda dei casi, di diversi accessori variamente elaborati (nelle zone limitrofe la struttura degli alari era decisamente meno complessa).
Di tutto rilievo sono i significati simbolici legati a questi oggetti, che nell’opinione del Ciceri, sono assurti a emblema “della nostra civiltà patriarcale”, e trasmessi di padre in figlio, erano (e anche oggi, gelosamente conservati, sono ancora) motivo di orgoglio e di prestigio dei possessori.