STRUTTURA ABITATIVA, cultura musteriana, Paleolitico

Oggetto
STRUTTURA ABITATIVA - abitazione rupestre
Denominazione
Grotta del Rio Secco
Localizzazione
Clauzetto (PN) Pradis
Cronologia
Paleolitico
Ambito Culturale
cultura musteriana, cultura gravettiana
Indagini di scavo
Università degli Sudi di Ferrara - Dipartimento di Studi Umanistici, Soprintendenza per i Beni archeologici del Friuli Venezia Giulia - 2010/00/00-2014/00/00
Codice scheda
SI_669

Il sito è costituito da una grande grotta-riparo, che si apre sul versante sinistro dell'incisione del torrente omonimo (Rio Secco), a circa 20 m di altezza rispetto al letto attuale. Il riparo è orientato a S e protegge per 6-7 m un'ampia galleria totalmente riempita di detriti, tranne nel settore atriale, da dove prosegue per una decina di metri verso l'interno con direzione N/NW. L'area è delimitata verso l'esterno da un cordone di grandi massi di crollo, disposto grossomodo N-S, ai quali si appoggiano due muretti a secco, probabili resti di un ricovero utilizzato fino a poche decine di anni fa. Il deposito forma una falda esterna, che culmina in corrispondenza dell'attuale linea di pioggia, dove i grandi massi di crollo delineano l'estensione originaria dell'area riparata. L'insediamento fu scoperto nel 2002 durante una campagna di prospezioni. La succcessione stratigrafica presenta una serie di corpi sedimentari di diversa morfologia, composizione e genesi che si succedono formando una sequenza di circa 2,60 m; i corpi sedimentari, macro-unità stratigrafiche, sono separati da superfici di natura erosiva o sedimentaria. Durante le campagne di scavo del 2011 e del 2012, che hanno interessato l’area atriale della cavità, sono state messe in luce l’unità BR1, che conserva il livello US6, datato all’inizio del Gravettiano, e l’unità BIO1, che contiene le US5tetto, 7 e 5, precedentemente individuate nella campagna 2010. All’interno di US6 sono stati individuate due strutture di combustione: S1, caratterizzata da una notevole concentrazione di macrocarboni in associazione con un resto di castoro semicombusto ed S2, marcata da un orizzonte rubefatto.

Il sito è di fondamentale interesse per acquisire indicatori di mobilità, di occupazione del territorio e di sfruttamento delle risorse in una fascia di cerniera tra la pianura e la regione alpina. Il contenuto paleontologico ed archeologico delle unità stratigrafiche messe in luce dallo scavo ha rilevato la presenza di resti e manufatti ascrivibili al Paleolitico superiore (Gravettiano; BR1, livello 6) e al Paleolitico medio (Musteriano; BIO1). Sono stati recuperati numerosi resti faunistici, che permettono di inferire sugli agenti di accumulo e formulare alcune ipotesi riguardo le modalità di sussistenza dei gruppi umani. Nell’unità gravettiana (BR1) le specie più rappresentate sono la marmotta e l’orso delle caverne, ma il loro apporto non è riconducibile alla presenza umana. Tracce di modificazioni antropiche sono state invece individuate su resti di ungulati di varie taglie. I reperti gravettiani constano di manufatti ricavati principalmente da selci ascrivibili a formazioni carbonatiche delle Prealpi Venete. Sono presenti grattatoi, bulini e frammenti di armature. Nella macro-unità BIO1(USS 5 tetto, 7, 5 e 8) a livello faunistico si nota la predominanza di carnivori (Orso bruno, Orso delle caverne, mustelidi e qualche lupo) sugli ungulati. Tra questi ultimi, le specie più abbondanti sono i cervidi (cervi, Cervus elaphus, capriolo Capreolus capreolus e alci, Alces alces), seguiti dai caprini (camosci e stambecchi) e bovidi (Bos/Bison). L'interesse umano sugli ungulati è testimoniato da cut-marks, resti combusti e stigmate da impatto su diafisi di ossa lunghe per il recupero del midollo. Di notevole interesse sono le tracce di macellazione su resti di orso e orso delle caverne, provenienti dalle unità stratigrafiche ascrivibili al musteriano, collegate al recupero di carne e pelle. Infine, di grande valore è la scoperta di una falange ungueale di aquila reale recante segni inequivocabili di modificazione antropica. Si tratta di ritrovamenti estremamente rari (settimo ritrovamento del genere in Europa), che rafforzano l'immagine del Neandertal come abile cacciatore di grandi rapaci e sensibile all'utilizzo di elementi a scopo simbolico. L'insieme dei manufatti litici musteriani mostra una certa variabilità tecnologica, in particolare in US 5, data la presenza di schegge debordanti e supporti associati al metodo discoide e alla produzione Levallois, alcuni dei quali trasformati in raschiatoi. La scelta della materie prime conferma i bacini fluviali circostanti come principali zone di approvvigionamento.

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