Ritratti femminili nelle collezioni dell’Università degli

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Ritratti femminili nelle collezioni dell’Università degli Studi di Trieste

Il ritratto femminile tra Ottocento e Novecento attraversa trasformazioni significative, riflettendo cambiamenti sociali, culturali e artistici. Nell’Ottocento il ritratto femminile rappresenta la donna nei suoi ruoli tradizionali di madre, moglie o figura idealizzata, enfatizzando dettagli e ambientazioni domestiche. Con l'avvento del Novecento e l’influenza delle avanguardie, la rappresentazione femminile diventa più sperimentale e simbolica. 

Di seguito, una selezione di opere che riflette i vari momenti storico-artistici e le loro evoluzioni stilistiche.

Il ritratto della madre di Edmondo Passauro, realizzato probabilmente nella prima metà degli anni Dieci, è considerato una delle sue prime opere a olio, eseguita in giovane età quando iniziava la sua attività espositiva. Giunto all’Università di Trieste grazie al lascito di Giampaolo de Ferra, Professore Emerito e Rettore dell’Ateneo dal 1972 al 1981, il dipinto raffigura la giovane donna frontalmente, con capelli castani, grandi occhi azzurri e una blusa celeste chiaro, trasmettendo l’intensità dei ritratti dell'epoca.

Luigi Aversano, pur di origine napoletana, è profondamente legato a Trieste e ai coniugi Callerio, la cui collezione include l'opera in questione. Il busto di Ugo Carà, donato nel 2017 da Adriana Maria Antonietta Belrosso, rappresenterebbe, secondo la donatrice, la madre dell’artista e si inserisce nella tradizione ritrattistica della produzione di Carà negli anni Trenta.

Un altro ritratto importante è quello di Olga Moravia, capace imprenditrice e suocera di Ettore Schmitz, ritratta da Ferdinando Ceretti, un fotografo e artista sloveno attivo a Trieste. La figura di Olga Moravia, una delle poche “capitane d’industria” del suo tempo, ha segnato la storia industriale triestina, dirigendo un'importante azienda di vernici. L'opera fu acquistata dal professor Elvio Guagnini sul mercato antiquario triestino nel 2007 e donata all’Ateneo nel 2014.

Tra i ritratti di interesse anche etnografico, il dipinto Servolana con frutta raffigura una giovane servolana vestita da “mandriera,” con un canestro di frutta su cui appoggia le mani. Queste donne lavoratrici scendevano in città per vendere i loro prodotti e tornavano a casa solo al termine delle vendite. L’opera intende illustrare una tipologia sociale ed etnografica più che documentare l’attività lavorativa, e potrebbe essere attribuibile a un artista attivo nella Trieste di metà Ottocento.

Un’altra figura femminile, una popolana dei dintorni di Trieste, è rappresentata con una cesta di fiori e uno sfondo naturale che include uno specchio d’acqua e una barca a vela. Il piccolo olio è attribuito a Giuseppe Bernardino Bison e raffigura i costumi tradizionali istriani, testimoniando la diffusione culturale di questi abiti popolari. Similmente, una giovane donna servolana vestita da “mandriera” — gonna ampia, corsetto, camicetta ricamata e fazzoletto bianco — è rappresentata in un altro dipinto, attribuibile per stile a Celesnig, autore delle Pancogole. Questo genere di ritratti fu molto popolare nei decenni centrali dell’Ottocento, seguendo il gusto Biedermeier.

Infine, un’opera di Gianni Vagnetti, raffigurante una figura femminile assorta e seduta a un tavolino, segna una fase matura della sua produzione negli anni Cinquanta. L’opera, presentata all’Esposizione Nazionale di Pittura Italiana Contemporanea, riflette l’invito del rettore Ambrosino e testimonia l’evoluzione stilistica dell’artista, che in quegli anni esplorava nuove forme espressive.